KATHODIK
Andrew Violette è un virtuoso del piano, uno di quelli seri. Un minimalista, un massimalista, uno che ha un’estrema visione romantica della vita, un torrente in piena. “Rave”, è stordente rovescio atmosferico, 75 minuti d’ininterrotta esecuzione, tastiere e due violini a tirar colpi forsennati verso il cielo. 22 sezioni che coprono uno spettro sonoro che dal prog interseca scorie barocche, si innerva di musica da camera ed induce in stralci d’estrazione maggiormente sperimentale. Un’ira di Dio in pratica. Intimorente; furente. Eppure, eppure strada facendo la torrenziale cascata di note che propone, qualche pezzo lo perde, la trance agonistica che mette in mostra, spesso si accartoccia su se stessa in un impeto d’assoluto che, se da un lato è la fonte originale al quale attinge tale espressione stritolante, d’altro canto risulta troppo protesa verso tal fine per non apparir (a tratti); piuttosto sovralimentata. Vortice mirabolante, senza dubbio (1); peccato che da queste parti preferiamo esser più modesti nel desinar quotidiano. Opera imprescindibile per stati evocativi di gloria perduta, è un grande, senza dubbio (2), ma l’universo al quale questo “Rave” pare avvicinarsi di più, è abitato da strane creature mutanti che si portano dietro stigmate riconducibili ai più pesanti anni settanta, quelli dei tour senza risparmio di mezzi, carovane di tir in viaggio, mega palchi e pubblico adorante, martellamento strumentale ed asciugamano bianco sul collo a fine esecuzione. Scarlatti, Chopin, Liszt, Cecil Taylor (un pelo), Rachmaninov, Vangelis, chi più ne ha più ne metta. Musica che si muove in antri umidi, tastiere come refoli di vento gelido; spazio esterno freddo spazio interno tendente al freddo. Un monolito, inesprimibilmente terrificante per me scimmia primitiva, ogni significato scivola sulla sua superficie; lascia tremanti di paura a guardar interrogativi il cielo stellato. Troverà estimatori infiniti in alcune galassie, in quella sporca e fetida da me frequentata; francamente no. Dategli un ascolto prima dell’apertura portafoglio. Vi ho avvertito. (metto su i Cramps, è una bella giornata; che cazzo ci faccio ancora in casa?)
by Marco Carcasi